Il
vischio
La nascita del vischio è una piccola magia. Pochi sanno che si può seminare, anche se il risultato non è facilissimo da ottenere; ma è bene non dimenticare che è un parassita.
Il seme grigio verdastro e piatto è contenuto in una bacca, una opalescente perla piena di una sostanza appiccicosa detta viscina.
La semina è molto semplice, basta posare il seme su un ramo, di preferenza io uso meli o querce. L'errore che di solito si commette pregiudicandone la nascita, è la scelta del ramo: deve essere giovane, altrimenti le piccole radici che si sviluppano dal seme - si chiamano austori - non riescono a oltrepassare la corteccia. Durante il primo anno, il seme non farà altro che infiltrare gli austori nella corteccia del ramo che lo ospita e da adagiato che era si raddrizzerà. Pare che la pianta avverta la pericolosità di quella minuscola presenza, infatti tenterà inutilmente di respingerlo, generando un piccolo rigonfiamento nel ramo per impedire agli austori del vischio di raggiungere i canali legnosi di conduzione, da dove assorbiranno la linfa grezza che sale dalle radici dell'albero. Il secondo anno aprirà due minuscoli cotiledoni. L'anno successivo emetterà le prime due piccolissime foglioline. Sono passati tre anni, e praticamente se non si è più che attenti il nostro vischio non si vede ancora, ma ormai si è insediato, non lo spodesterà più nessuno. Le sue ramificazioni dicotomiche raddoppieranno ogni anno, ci vorranno 5-6 anni prima che raggiunga una dimensione apprezzabile di 10-12 cm. Da questo momento in avanti l'accrescimento è molto veloce e l'albero che lo ospita comincerà a patirne la presenza ma è ormai condannato a questa convivenza. Ci vorranno anni, anche molti, ma alla fine il vischio avrà la meglio, e...morirà insieme all'albero!
Devo dire che un mio melo ospita un cespuglio di vischio enorme, ma per ora non sembra risentirne; apparentemente sembrano vivere in armonia.
Contrariamente alla maggioranza delle piante parassite (cuscuta, orobanche e la neottia nidus avis, una rara orchidea che si può incontrare nei prati prealpini) che sono prive di clorofilla e quindi obbligate ad assorbire linfa elaborata dai vasi di conduzione librosi, il vischio ne è provvisto, e quindi si limita a sottrarre linfa grezza alle piante.
La sua diffusione è alquanto varia, ci sono zone, ad esempio nel nord ovest della Francia, dove la presenza è tale da provocare gravi danni. Nei boschi del torinese non l'ho mai visto, mentre lo si può osservare nell'alta Val Susa, in particolare sul Pinus silvestris.
E' una pianta sempreverde, di un indefinibile verde pastello, che con il freddo può assumere una leggera tonalità gialla. Dove è presente si può vedere con facilità d'inverno, quando gli alberi sono spogli, si noteranno dei globi sferici: da lontano sembrano grandi nidi di uccello, a volte avvolgenti i rami degli alberi, a volte sembrano letteralmente appesi ai rami stessi, perché sotto il suo peso i rami si piegano verso il basso. Le foglie sono insolite, oblunghe ottuse, con nervature principali parallelinervie poco evidenti, lunghe 6-8 cm. e consistenti.
Ancora oggi, anche da noi, viene considerata una pianta bene augurante e non può mancare nella notte di fine anno; guai a buttare via i rami dell'anno precedente, dovranno essere bruciati, magari nel camino.
Nella mitologia dei popoli nordici era una pianta magica, generata dai fulmini, poteva essere raccolta solo dai druidi, sacerdoti dei Celti, rispettando un severo cerimoniale, usando un falcetto d'oro e si raccoglieva esclusivamente dalle piante di quercia.
Nella Valle d'Aosta il comune di Saint-Denis festeggia il vischio ogni anno; la tradizione vuole che nell'antichità guarisse le malattie e proteggesse dalle epidemie che decimavano le popolazioni.
La famiglia delle lorantacee oltre a raggruppare una trentina di specie di vischio comprende anche i numerosi loranthus, tutti tropicali, tranne il loranthus europaeus (vischio quercino) simile, ma con foglie più piccole e caduche.