Cardiocrinum giganteum

di Renato Ronco
Pubblicato su "Case&country"

Il giglio gigante
Il mondo delle piante è così vasto, così poco conosciuto anche dai botanici, che si può ancora trovare qualcosa in grado di sorprenderci.
Deve essere allora esageratamente grande oppure piccolo, ma comunque deve uscire dalla normalità.
Sfogliando una enciclopedia botanica anni fa, mi sono imbattuto in uno strano giglio, il Cardiocrinum giganteum. Si sa, i fiori e le piante se non hanno una persona, un oggetto vicino, da una fotografia non è possibile rendersi conto quali siano le loro vere dimensioni. Però, il secondo nome, giganteum, mi incuriosì. Scoprii così che poteva raggiungere i quattro metri di altezza. Un giglio alto quattro metri!

Ovvio che volli averlo, e cominciarono le prime delusioni. Acquistato qualche bulbo da una ditta specializzata (sono abbastanza cari), li misi a dimora e aspettai. In primavera uscirono le prime foglie, color bronzo, iniziò ad allungare lo stelo fiorale, e arrivato a un metro e mezzo fiorì. Tutto qui? Mi documentai, non mi era stata spedita la specie “giganteum”, bensì la yunnanensis.

Cercai allora tra i giardini botanici e con i miei scambi ottenni finalmente dei bulbi sicuri.
La primavera successiva cominciarono a svilupparsi le grandi foglie basali, di un bel verde lucido, non bronzo, e poi comparve lo stelo, come un grande turione. Cresceva, cresceva sempre più; mentre cambiavo continuamente il vaso mi chiedevo fin dove sarebbe arrivato, e arrivò fino a 3,40 metri! Questo si che era un giglio gigante
Sullo stelo si contavano 17 grandi fiori campanulati, simili a quelli dei gigli normali, lunghi una ventina di centimetri.
Un’altra sorpresa venne dal profumo: intenso, molto più intenso nelle ore serali e notturne, anche di giorno ma solo quando decideva lui, c’erano momenti in cui si propagava a grande distanza, altre volte, quasi per farmi rabbia specie quando veniva qualcuno a vederlo, non si sentiva per niente, faceva il prezioso.
Purtroppo è una pianta monocarpica, fiorisce una volta sola, poi muore. Come le grandi agavi o i banani, e come loro, di solito prima di morire la pianta sviluppa alla base qualche bulbo secondario. Questi bulbi impiegano, per fiorire, 4-5 anni. Se viene riprodotta per seme, gli anni necessari per produrre lo stelo fiorale diventano anche sette.
Ma il Cardiocrinum non manca di fascino nemmeno negli anni in cui non fiorisce. Le sue grandi foglie verdi (bronzate da giovani in C. caucasicum e C. yunnanensis) assomigliano a quelle di una hosta gigante, ma sono più allargate, lucide e un po’ carnose.
La sua coltivazione non è difficile, importante è partire dalla specie giusta, purtroppo chi vende i bulbi non è in grado di distinguerne la differenza tra le tre specie. Appena nascono le foglie se il colore è bronzato siete sicuri che non è il giganteum, ma è ormai tardi per protestare. Ora ho imparato a distinguere la specie dai bulbi, perché le loro scaglie sono leggermente diverse.
Comunque cresceranno bene tutti, anche se con dimensioni diverse. Bisogna interrarli poco, la punta praticamente deve essere a livello del suolo e poi aspettare. Il terreno deve essere tenuto fresco, il problema più grande è difenderli dalle lumache e dalla Criocera lili, un coleottero ghiotto delle foglie di tutte le liliaceae, facile da identificare perché di colore rosso. I miei cardiocrinum non hanno avuto problemi di marciumi e hanno sopportato il gelo; utile e prudente una buona pacciamatura in autunno.
Si possono osservare nei giardini di Villa Taranto dove si sono trovati a loro agio, tanto da riprodursi normalmente.