Domenico Montevecchi Renato Ronco

all'ombra delle Gunnere dell'Isola Madre

Mi è stato difficile decidere se inserire questo racconto nel capitolo di “Parchi e Giardini” oppure “Personaggi”, difficile per l’importanza del giardino e per il peso del personaggio, poi, per me, ha prevalso quest’ultimo.

Ho incontrato Domenico Montevecchi recentemente. Ho sempre una sorta di timidezza al “diamoci del tu”, vuoi per l’età matura (la mia), a volte il parlare misurato, forse un po’ di riserbo; tutto questo fa si che con le persone che incontro questa apertura di confidenza, mio malgrado, faccia fatica ad arrivare. Con Domenico dopo tre parole ci si dava del tu, abbiamo capito subito che eravamo animali simili - spero non si offenda per questa frase.
Per molti la botanica è stata una scoperta, una passione  improvvisa. Non per Domenico, per lui è stata un percorso continuo, che lo ha accompagnato e lo ha arricchito per tutta la vita, e che ora, dopo quello che è riuscito a realizzare, continua ad accendere i suoi occhi quando parla “di piante”, delle sue piante e di quelle che ha visto in giro per il mondo; perché ha girato molto il mondo, ma non come turista.
E’ una persona da ascoltare Domenico. Da ascoltare perché ha molto da dire, e lo dice in modo diretto, senza timori o riserve.
Ma soprattutto da ascoltare perché, per quanto si creda di sapere, da lui si possono imparare tante cose, per le sue esperienze dirette, e proprio le cose pratiche, che sono le più utili e importanti.
Ha conosciuto molta gente nella sua vita; persone che gravitano attorno alle piante e alla natura, spaziando dalle università agli orti botanici di mezzo mondo e che gli consentono, come pochi anni or sono, di andare in Cile per sue particolari ricerche e avere i permessi per poter visitare zone vietate ai turisti.
Ha avuto anche lui la grande ricchezza, la grande fortuna, di aver avuto una storia contadina, di essere cresciuto a contatto con la terra. Negli anni della gioventù era frutticoltore, uno dei primi che coltivò l’actinidia in Italia, e ha mantenuto quello stile, quella praticità, quella concretezza indispensabile per avere successo quando si intraprende una nuova coltivazione.
Le piante si devono prima conoscere, poi una volta iniziata la coltivazione, quando è necessario vanno curate, non piantate e abbandonate. Purtroppo non è vero che le piante ben seguite non si ammalano e, tanto per fare un esempio, pensate a quanti trattamenti è necessario fare all’uva per potere poi bere un buon vino. Solo in quel modo è possibile raggiungere i risultati che ha ottenuto lui. Ma bisogna avere le sue conoscenze per sapere, per esempio, che si può, che si deve usare un certo tipo di diserbante senza fare danno alcuno ed ottenere enormi vantaggi pratici.
Il suo è un giardino speciale, e a renderlo speciale concorrono molte cose.
Prima di tutto l’enorme numero di specie e varietà che sono ospitate, 3500 circa.
L’essere riuscito a far crescere e prosperare piante prettamente tropicali, sfruttando un microclima della zona particolarmente mite.
L’aver diviso il giardino in zone fitoclimatiche, cogliendo le strane differenze di temperature invernali che caratterizzano il giardino.
Tutto questo è stato realizzato in una superficie abbastanza contenuta (12000 mt.), ma senza creare una “grande insalata” come spesso avviene quando si vogliono concentrare collezioni di piante in superfici limitate. Devo dire che percorrendo gli stradini, che riservano sorprese a ogni passo, sembra molto più grande. E’ riuscito a  raggruppare le piante in “insiemi” particolarmente interessanti conservando spazi aperti che danno respiro al giardino (e dove inevitabilmente continuerà a introdurre nuove piante).
Il suo è un vero e proprio giardino botanico. Ho visitato orti botanici ben più limitati, dove i responsabili non conoscono neanche tutti i nomi delle piante che ospitano. Domenico di ogni pianta sa la storia, e alcune sono veramente curiose - come per esempio quella di un arancio particolare arrivato in modo rocambolesco dalla Cina.
Non è facile poter osservare in uno spazio tutto sommato limitato collezioni di eucalyptus, 100 varietà di sempervivum, 60 di felci, bambù, rose botaniche; e poi  Cinamomum camphora, Firmiana simplex, il raro Cupressus casmirianum, Victoria regia, Euriale ferox, un gruppo di enormi gunnere e poi, e poi...
La mia visita è avvenuta nel mese di novembre, non ho potuto vedere lo splendore degli stagni che richiamano ambienti tropicali, le fioriture delle bulbose primaverili a molto altro. Le fotografie che presento sono state riprese in quella giornata, ma tornerò certamente in un’altra stagione per aggiungere altre impressione e nuove fotografie.

Il Giardino Botanico di Domenico Montevecchi si chiama Villa Bricherasio, si trova a Saluzzo (Cuneo, Piemonte), è visitabile il sabato e la domenica dal 25 aprile al 30 ottobre, il biglietto costa 5 euro, meglio telefonare prima - 0175 41061  cell. 3408054313 - ed accertarsi se può accompagnarvi, perché lungo il percorso il suo raccontare le piante e rispondere alle vostre domande contribuirà ad arricchire tutto ciò che di bello e di speciale si presenterà ai vostri occhi. Se venite da lontano vale la pena prendere in considerazione anche una visita alla città di Saluzzo e alle sue valli.